Chi non dubita non cubita


venerdì 2 dicembre 2011

LE VERE PAROLACCE: "RECESSIONE"

Sono giorni di merda. Questo almeno vogliono farci credere. Vogliono rovinarci ogni momento di possibile allegria, di probabile serenità.
Dicono che dobbiamo crescere, che se non si cresce arriva la recessione
Brutta parola, assomiglia a repressione e a depressione
Fa impressione.


Crescere è un fatto naturale: uno nasce piccolo piccolo, poi cresce, sempre più, sempre più, ma a un certo punto si ferma.
Così un uomo, così un porco, così un fiore.
La vita continua e arriva in fondo senza ulteriori crescite. Anzi, verso la fine si ha una certa diminuzione.
E allora, perché andare contro natura? Perché voler crescere per forza? Perché subordinare la nostra sopravvivenza a una continua, inarrestabile, innaturale, forzata crescita?


Dov'è che dobbiamo arrivare? Quale contorto piano di distruzione minaccia l'umanità? O si cresce o si muore. Ma che volete da noi? Il sangue? Le budella? La prostata?
Aride cifre si sono sostituite ai sorrisi, interminabili bla-bla televisivi sono diventati i grandi fratelli delle nostre giornate sempre più intrise di parole come crisi, borsa, euro, mercati, default, banche, debito, PIL, cazzi vari, spread...
Ché poi a me questo spread sembra l'onomatopea di una scorreggia. Mi par di sentire anche il puzzo. L'ha fatta la Merkel, ne sono sicuro, con quel culone (cit.).


Ci sono state epoche in cui il progresso avanzava, sì, ma lentamente, e le novità arrivavano dando respiro all'Umanità. Per quanto tempo i nostri antenati sono andati avanti a candele? Poi a lumi a petrolio, e dopo ancora a elettricità. Ogni cosa nuova faceva sensazione.
Tutto è cambiato negli ultimi decenni. Da quando sono sparite le cabine telefoniche con i loro gettoni, da quando abbiamo cominciato a parlare da soli come deficienti per strada attaccati a delle scatoline cancerogene, da quando la tastiera del computer ha sostituito la penna a sfera, che a sua volta aveva sostituito la stilografica, che a sua volta aveva preso il posto di pennini e calamai, che a loro volta...


Tutte rivoluzioni ben scandite nel tempo, ma poi sempre più frequenti, sempre più veloci. Adesso ogni giorno c'è un cambiamento. E' morta anche la  fantascienza, superata dalla realtà. Il videotelefono, sogno dei vecchi scrittori di science-fiction, è diventato la normalità. Chi non usa Skype? Anzi, è già superato anche quello.
Non c'è più tempo per sognare, per immaginare. Non ci stupiamo più di nulla.


Io invece mi stupisco ancora di un cielo blu, e delle nuvole meravigliose, e se passa un aereo mi domando ancora come faccia a stare in aria peso com'è.
Ma dobbiamo crescere. Ci dicono anche che facciamo pochi bambini, e che per fortuna ci pensano gli immigrati a farli per noi.
Ma non siamo già talmente fitti che non ci si rigira? Vogliamo essere ancora di più?
Sette miliardi nel mondo... Quanto cazzo pesiamo?
La Terra sposterà il suo asse, prima o poi andremo alla deriva nello spazio. 
Ma si deve crescere, sennò, gente, arriva la recessione.


A me sembrano tutti grulli. Sarò scemo, sarò bischero, sarò uno che non farà mai i soldi, ma preferisco godermi la vita facendo crescere solo i miei legittimi piaceri, semplici, naturali, veri, guardando avanti ma voltandomi anche indietro, come ho sempre fatto, per arrivare in fondo senza rimpiangere nulla, perché avrò avuto solo quello che mi è piaciuto avere, senza piegarmi ai ricatti degli imbecilli in cravatta che ti tengono per le palle col loro terrorismo psicocapitalistico.
Mi hanno costretto a ungermele, le palle, per fargliele scivolare dalle mani. 
Così sono riuscito a vivere di parole: era quello che volevo, perché nelle parole ci sta tutto l'universo. 
E l'ultima parola di questo mio vaneggiamento voglio dedicarla proprio alla tanto sbandierata e paventata recessione.


Devo trovare un termine adatto, stringato, secco, soprattutto pulito, che esprima un concetto compiuto in non più di quattro sillabe. 
Vediamo, vediamo... cosa potrei metterci... Ah, sì, ecco, trovato, è perfetto: Vaffanculo!


Gianni Greco